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Calcio

Il Supercommento della 34ª giornata di Serie A

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Grafica: Julya Marsala

Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentaquattresima giornata di Serie A

Como – Genoa (A cura di Dennis Rusignuolo)

Il mancino di Strefezza chiude il discorso salvezza. Il Como batte il Genoa ed è matematicamente salvo

Dal Via del Mare il Como si regala il match point per la salvezza, ma perde una delle pedine fondamentali nel girone di ritorno. L’infortunio di Assane Diao (intervento al piede, stagione finita) costringe Fabregas a rivedere tutto il versante offensivo del suo Como, e la scelta ricade su Patrick Cutrone e Strefezza oltre agli ormai soliti Nico Paz e Ikoné. Fronte rossoblù Vieira stravolge la sua formazione: giocano dal 1′ Ahanor, Ekhator e Kassa e risposa -un po’ a sorpresa- Andrea Pinamonti, oltre Vitinha e lo squalificato Otoa. La prima grande occasione è per gli ospiti al terzo minuto, dopo una discesa di Norton-Cuffy sulla destra, palla in mezzo pasticciata da Valle e consegnata sui piedi di Kassa, l’israeliano da due passi spara alto. Nonostante la solita parata di vip nelle tribune del Sinigaglia (quest’oggi presenti Pierre Gasly e l’ex Real Madrid Lassane Diarra), i ritmi non molto elevati, il Como ci mette un quarto d’ora per scaldare il motore e comincia ad affacciarsi dalle parti di Leali. Il primo squillo lariano è di Ikoné, che da destra col mancino prova il tiro a giro sul secondo palo, solo sfiorato per una deviazione. Sugli sviluppi dell’angolo Nico Paz calcia dal limite e la sua conclusione non va molto lontana dalla porta. Con il passare dei minuti il Como entra sempre di più dentro il match: in mediana Caqueret e Da Cunha con facilità creano la superiorità numerica per lo scarico sulla trequarti. Come al 16’, con Strefezza innescato sulla sinistra, incursione fermata in corner, su cui Goldaniga di testa manda non di molto a lato. Il Genoa, in modalità d’attesa, va a sprazzi come al 28’: malinteso tra Butez e Vojvoda, la palla arriva nei piedi di Ahanor che si trova con la porta vuota, ma defilato colpisce il palo. Dopo un gol annullato a Thorsby per fuorigioco, il primo tempo si chiude con il Como in costante pressione ma ancora con il piede che non affonda sull’acceleratore. Nella ripresa Wilson (vice di Vieira, squalificato) inserisce subito Messias al posto di Kassa. Dopo un avvio a ritmi piuttosto blandi, stesso copione del primo tempo, il Como trova la fiammata che apre la gara. Minuto 59, l’azione del Como parte dal solito Nico Paz, apertura sulla sinistra per Cutrone, filtrante per la sovrapposizione di Strefezza e sinistro vincente a battere Leali. Dopo il vantaggio lariano, entrano subito Pinamonti e Vitinha, fuori Ahanor e Ekhator. Il Grifone cerca di prendere campo sfruttando i guizzi di Messias, ma la coppia di centrali di Fabregas, Goldaniga-Kempf, non molla un centimetro e non concede particolari spazi all’attacco rossoblù. La girandola di cambi del Como rallenta il ritmo della partita, Fabregas concede minuti preziosi a Gabrielloni, una sostituzione che maschera tutta la narrativa e la letteratura del caso, e i lariani gestiscono il risultato fino al triplice fischio di Arena, il cui triplo sospiro aggiunge un capitolo memorabile alla storia del Como. Per la prima volta dagli anni 50′ i lariani conquistano quattro successi di fila, ma la vera festa del Sinigaglia è data dall’aritmetica salvezza raggiunta dalla squadra di Fabregas. Ci sarà tempo per parlare a quattrocchi della stagione del Como, dalla squadra alla dirigenza, passando per l’allenatore, ma ciò che conta in questo momento è una salvezza raggiunta seguendo un’idea e un principio ben conosciuto e ben definito. Con quattro gare al termine del campionato, la squadra di Fabregas cercherà di continuare a gettare le basi per il futuro, che passa indubbiamente dalla salvezza raggiunta oggi. Sponda Genoa invece continua il momento poco positivo per la squadra di Vieira. Il Grifone sembra aver staccato un po’ la spina, anche se la salvezza è ormai consolidata, anche dalle parti di Genova si cercano basi solide per costruire un progetto che si spinga ben oltre il semplice mantenimento della categoria.

Venezia – Milan (A cura di Tommaso Patti)

Vittoria e sofferenza. Il Milan passa anche al Penzo

Un Milan carico per la vittoria nel derby di Coppa Italia, va a sfidare un Venezia ancora in mezzo alla lotta per non retrocedere. La gara si dimostra molto equilibrata e carica di intensità sin dai istanti. Dopo appena quattro minuti, un errore in fase di impostazione dei padroni di casa, innesca la ripartenza del Milan che porterà al gol di Pulisic, autore dal suo 10º goal in Serie A, arrivato grazie al recupero palla di Jimenez e al filtrante Fofana. La disattenzione del Venezia paga subito dazio contro un Milan che prova a salvare il salvabile in una stagione in cui gli errori sono stati pagati cari. Gli uomini di Di Francesco non si scompongono e, dopo pochi minuti, trovano già la forza di reagire e creare alcuni problemi alla difesa rossonera. La conclusione di Nicolussi Caviglia prima, e l’errore da pochi passi di Yeboah poi, scaldano ancora di più una gara ricca di occasioni. Su un calcio di punizione da una zona molto invitante, è nuovamente Nicolussi Caviglia ad accendere l’entusiasmo, come una conclusione indirizzata nel lato opposto alla barriera, terminata di un soffio a lato la porta di difesa da Maignan. La carica del Penzo accompagna gli arancioneroverdi fino al momentaneo gol del pareggio, arrivato da un cross teso di Haps e finalizzato dalla conclusione di prima di Yeboah, revocato immediatamente dal direttore di gara per un fuorigioco del numero sei statunitense. Nonostante le tante azioni subite, il Milan riesce sempre ad essere lucido e difendere il vantaggio. Nella ripresa, il Venezia scende in campo ancora più carico dei primi quarantacinque minuti, creando un enorme palla gol dopo soli. Dopo una fase di stallo prolungata, il Venezia torna ad attaccare con convinzione l’area di rigore avversaria, affidandosi alle giocate di Oristanio, autore e protagonista di un assist che stava per portare al gol di Zerbin. Esattamente cinque secondi dopo i cinque minuti di recupero concessi dal direttore di gara, il Milan trova la rete che chiude la gara grazie al lancio di Reijnders, che pesca il taglio di Gimenez, abile nel superare Radu con un pallonetto e riscattarsi dopo un periodo buio.
Nonostante una gara giocata ad altissimo livello da parte dei padroni di casa, la sconfitta per due a zero contro il Milan condanna il Venezia ad affrontare le ultime quattro partite con l’obbligo di vincere e sperare in un passo falso delle dirette avversarie. L’enorme iniezione di fiducia arrivata nella vittoria per tre a zero contro l’Inter di mercoledì, trascina il Milan ad una vittoria utile per mantenere le speranze nella qualificazione in una competizione europea per la prossima. La trasferta del Penzo, lascia tante buone notizie a Conceição: la decima rete in campionato di Pulisic e l’ennesima ottima presentazione di Reijnders, sono due ottimi tasselli per far respirare il Milan dopo una stagione con più bassi che alti.

Fiorentina-Empoli (A cura di Dennis Rusignuolo)

Senza Kean, ci pensano Adli e Mandragora. Per la Viola il sogno Champions continua

Dopo la sconfitta in semifinale di Coppa Italia, per mano del Bologna , D’Aversa ritrova Ismaijli al centro della difesa. Il ritorno del centrale albanese è fondamentale per lo scacchiere dell’Empoli, così come il ritorno a pieno regime di Anjorin e Fazzini, subito protagonisti nel match salvezza contro il Venezia. Dall’altra parte Palladino sceglie Adli al posto di Fagioli, mentre Beltran sostituisce un’altra volta Moise Kean, assente per motivi familiari già dalla gara di mercoledì a Cagliari. L’Empoli parte forte e sfiora il vantaggio al quarto minuto, cross forte di Pezzella su cui De Gea smanaccia, come a Cagliari il portiere respinge sui difensori, che questa volta evitano l’autogol. Pochi minuti dopo la Viola va in vantaggio grazie a una serie di movimenti codificati che mandano fuori gioco la difesa dell’Empoli: appoggio verso Beltran, scarico su Gudmundsson e inserimento in profondità di Adli, il francese arriva davanti Vasquez e con freddezza lo supera. Grandissima azione della Fiorentina, che stappa un derby molto teso e spigoloso, e lo fanno grazie a uno dei capisaldi del gioco di Palladino, possesso palla rapido e mobilitato. La rete del centrocampista francese scioglie definitivamente la Fiorentina, abile nel gestire il ritmo e mantenere a distanza la squadra di D’Aversa. Al 24′ i padroni di casa trovano un altro sigillo meraviglioso: Folorunsho allarga su Adli, cross del francese verso Mandragora, bravissimo e rapido nel controllare e coordinarsi in sforbiciata, palo e poi gol. Terzo gol in campionato per il centrocampista italiano, che si aggiungono ai cinque realizzati in Conference, uno dei trascinatori di questa squadra. Appena prima del recupero l’Empoli trova il modo di riaprire la gara, con Fazzini che di testa riesce a battere De Gea, rete prontamente annullata perché prima del cross di Solbakken, la palla aveva superato la linea di fondo. All’intervallo D’Aversa medita due mosse, e sostituisce Anjorin e Solbakken con Henderson e Colombo; Palladino mantiene il suo undici titolare e chiede concentrazione e attenzione. La tenacia e la volontà di non arrendersi dell’Empoli viene finalmente premiata al 57’, con la bella girata al volo di Fazzini, sul cross di Goglichidze, che accorcia le distanze e accende il secondo tempo del derby. Accusato il gol che dimezza il vantaggio, la Fiorentina ritrova coraggio nella spinta e va vicina al terzo gol in almeno un paio di occasioni. La più pericolosa è quella di metà ripresa, capitata a Gudmundsson, ma sulla girata volante dell’islandese Vasquez mette le ali e salva. Col passare del tempo e il risultato sempre in bilico, sale anche la tensione ed episodi sopra le righe vedono coinvolte entrambe le panchine. L’Empoli prende coraggio dopo il mancato colpo del ko e costringe la Fiorentina a un finale di passione e pressione. Nei sei minuti di recupero concessi dall’arbitro Rapuano, gli ospiti sfiorano il pareggio con Kovalenko, l’ucraino vede arrivare la palla al limite dell’area, calcia fortissimo ma trova i pugni di De Gea. Conclusione troppo centrale per impensierire il portierone Viola, che riesce a mettere la sua firma in un successo che pesa parecchio. La Fiorentina continua a fare il suo. Anche se le dirette concorrenti, vedi Roma, corrono eccome se corrono. La squadra di Raffaele Palladino batte la sua bestia nera della stagione l’Empoli (pareggio a Empoli che poi ha eliminato i viola in coppa Italia) con due gol nel primo tempo del rilanciato Adli (tornato titolare) e del solito infaticabile Mandragora, all’ottavo centro stagionale e migliore in campo ancora una volta. In attesa del ritorno di Kean, la Viola continua a macinare punti preziosi per mantenere più che vivo il sogno della Champions, con gli occhi puntanti alla semifinale di Conference League contro il Real Betis. L’Empoli non riesce a reagire all’eliminazione contro il Bologna, anche se la reazione del secondo tempo può essere il giusto monito per affrontare le prossime gare con uno spirito diverso, alla ricerca di punti preziosi per uscire dalla zona retrocessione.

Inter – Roma (A cura di Tommaso Patti)

Altra caduta dell’Inter. Soulé inventa e regala i tre punti alla Roma

Dopo le pesanti sconfitte contro Bologna e Milan, i nerazzurri sono chiamato alla vittoria per non dare la possibilità al Napoli conquistare il primo posto. Lo straordinario periodo di forma della Roma, si nota subito nell’approccio degli undici titolari. La scelta di Ranieri nello schierare contemporanea sia Dovbyk che Shomurodov ripaga subito l’allenatore, poiché in fase di costruzione, l’Inter è spesso in difficoltà nei passaggi corti e opta per dei lanci lunghi, neutralizzati perfettamente dalla fisica retroguardia giallorossa. Al 22’, su un tiro di Pellegrini, la sfera carambola prima sul piede di Darmian, e successivamente su quello di Carlos Augusto, che innesca involontariamente la conclusione vincente di Soulé, posizionato al posto giusto e nel momento giusto. L’infortunio alla caviglia di Pavard (costretto a uscire), il periodo negativo e la rete dello svantaggio, demoralizza ancora di più un’Inter spenta e spesso inerme alle manovre avversarie. Esattamente dalla stessa posizione in cui è arrivata la rete di Soulé, Pellegrini serve un cross teso recepito da Cristante, che sbaglia clamorosamente sotto porta e spedisce alto un tiro che poteva valere il raddoppio dopo solamente tre minuto dal gol dell’ex Juventus e Frosinone. Il gioco della Roma, seppur poco reattivo sotto porta, cresce e continua a creare enormi problemi ai nerazzurri, salvati incredibile da un intervento prodigioso di Carlos Augusto, posizionato anche lui al posto giusto e pronto a deviare in corner la conclusione a botta sicura di Shomurodov. Lentamente ed esattamente come accaduto contro Bologna e Milan, l’Inter si spegne ed esce piano piano dalla gara. Se nelle scorse giornate i nerazzurri potessero contare su alcuni innesti a partita in corso in grado di cambiare il risultato, in vista della super. Sfida contro il Barcellona, Inzaghi è ancora più costretto ad affidarsi alla coppia Lautaro-Arnautovic dato l’infortunio di Thuram e il bassissimo rendimento di Taremi. Nella ripresa, il gioco lo tengono principalmente i padroni di casa, creando però poche occasioni pericolose nei primi minuti di ripresa. Con meno di mezz’ora a disposizione, il tecnico nerazzurro cambia gli esterni, inserendo Dumfries (di ritorno dall’infortunio), e Zalewski. La conclusione di testa di Bisseck e il tiro ad incrociare di Barella, sono la fotocopia del pomeriggio vissuto dai nerazzurri, condito da tante idee di gioco offensivo ma con pochissimi risultati. Anche Ranieri nella ripresa si affida alla freschezza di alcuni uomini per chiudere la gara, andandoci vicino al 72’ con Pisilli, pescato perfettamente dal cross di Soulé ma impreciso al momento del tiro. Gli ultimi minuti sono caratterizzati da molte azioni pericolose ma con molte imprecisioni, come nel caso del tiro di Dovbyk, terminato alto a pochi passi dall’area piccola, e la conclusione di Çalhanoğlu, spedita alta dal centrocampista turco. L’ultimo episodio chiave della gara arriva a ridosso del novantesimo, quando su una marcatura stretta di Ndicka su Bisseck, il centrale tedesco reclama a gran voce un calcio di rigore, ma viene totalmente ignorato dal direttore di gara che lascia correre. Con il tiro potente ma centrale di Angelino, termina una sfida accesa e ricca di occasioni da entrambe le squadre ma vinta con merito dai giallorossi, che continuano spediti la proprio volata Champions. Per i nerazzurri invece, gli ultimi ko rischiano di essere fatali per la fine di campionato, che si appresta ad essere sempre più turbolenta in tutte le competizioni.

Juventus-Monza (A cura di Dennis Rusignuolo)

Nico e Kolo, poi l’ingenuità di Yildiz. La Juve batte il Monza e non molla il treno Champions

Con l’infortunio di Vlahovic, Tudor ripropone Kolo Muani dal 1′, stavolta come unico riferimento dell’attacco bianconero. Torna titolare Yildiz, dopo i problemi fisici del pre-Parma, mentre gli altri uomini sono tutti gli stessi. Il Monza cerca di salvare l’onore e posticipare il verdetto della retrocessione, e con la lunga lista di infortuni Nesta si affida al tandem leggero Caprari-Dany Mota. In avvio il Monza cerca subito di approcciare bene la gara. I brianzoli provano a farsi valere nelle seconde palle, e la reattività della squadra di Nesta costringe i bianconeri a un fraseggio molto confusionario e poco pulito. Con l’assenza di Vlahovic, la Juve gioca prevalentemente sull’esterno, dove Yildiz cerca subito di mettersi in moto. Al quarto minuto Kolo Muani scalda i guanti di Turati in rovesciata, il francese raccoglie la rimessa lunga di McKennie ma la sua acrobazia è più estetica che precisa. Il Monza trova grandi spazi in ripartenza, e i giocatori di Nesta sembrano avere la gamba giusta per poter mettere in difficoltà la retroguardia juventina. Birindelli al settimo minuto si fa quasi tutto il campo in allungo, nessun giocatore della Juve lo attacca, e l’esterno arriva alla conclusione dal limite dell’area, mancino flebile che Di Gregorio non ha problemi a intercettare. La Juve cerca di sviluppare con pazienza, e trova il guizzo del vantaggio al 12′: Nico Gonzalez riceve palla, si porta palla verso il centro del campo e scaglia un mancino potente a fil di palo, Turati arriva un istante dopo e non può fare altro che raccogliere il pallone da dentro la porta. Da Monza a Monza riparte lo score bianconero di Nico Gonzalez, il cui gol mancava da dicembre, dal match d’andata contro i brianzoli. Il canovaccio tattico della gara non sembra cambiare, nonostante il vantaggio bianconero, e il Monza lamenta una trattenuta irregolare di Kelly in area su Dany Mota; Perenzoni non assegna il penalty, ma la giocata in verticale alle spalle della difesa continua a essere un fattore per la manovra del Monza. Al 22′ Kolo Muani si divora il 2-0, il francese riceve una palla di Locatelli ma calcia malissimo davanti a Turati, destro piazzato che termina ampiamente fuori. Nonostante la pressione feroce sui portatori di palla, è quel fattore sorpresa che la Juve riesce a trovare nelle giocate che manda fuori giri la difesa del Monza. In più occasioni i bianconeri riescono a concludere dentro l’area, ma sia Kelly che Kolo Muani non riescono a essere precisi per battere Turati. Alla mezz’ora raddoppio della Juve: solita progressione devastante di Thuram, il cui scatto porta con sé due giocatori del Monza che non riescono a fermarlo, filtrante per Kolo Muani che questa volta piazza bene il destro e fa 2-0. Con due gol di vantaggio, la Juve si abbassa e cerca di chiudere il Monza per vie centrali. Prima dell’intervallo la partita della Juve rischia di mettersi in salita, perché nell’ultimo sussulto del primo tempo Yildiz rifila una gomitata a Bianco. Perenzoni inizialmente non concede nemmeno il fallo, poi viene richiamato dal VAR ed espelle il turco per condotta violenta. Sciocchezza di Yildiz, un peccato di gioventù, che mette in salita il secondo tempo della squadra di Tudor, e si esclude da solo dallo scontro Champions in casa del Bologna (in programma domenica prossima), con il rischio di una squalifica ben più lunga di una semplice gara. Nessun cambio all’intervallo, anche se Tudor ovviamente ridisegna in maniera diversa il suo scacchiere per sopperire all’inferiorità numerica. Il Monza cerca di approfittare subito della situazione, e già nei primi minuti il piglio dei brianzoli è diverso. Pressione forsennata, linea molto alta e una serie di occasioni, tutte lette bene dalla difesa o da Di Gregorio. Le prime mosse di Tudor preservano i due diffidati in vista del Bologna: fuori Thuram e Cambiaso, dentro Weah e Savona. Nesta infoltisce l’attacco con Forson e Petagna, ma il ritmo della gara rimane stabile, senza eccedere e senza regalare particolari sussulti al Monza, alla ricerca di un appiglio per poter rialzare la testa e accendere la gara. La gestione dei cambi di Tudor cerca di minimizzare al massimo qualsiasi altro rischio, e si evince dall’ingresso di Alberto Costa a quindici dalla fine, al posto di Nico Gonzalez, visibilmente nervoso nel corso dei minuti antecedenti al cambio per una serie di falli non fischiati da Perenzoni. Nei minuti finali il Monza attacca a testa bassa, approfittando di un blocco molto basso della Juve che di fatto non esce più. All’82’ Caprari colpisce indisturbato di testa, conclusione centrale che non impensierisce Di Gregorio. Tanto nervosismo nel finale, favorito da una gestione non proprio eccellente dell’arbitro Perenzoni, ma il risultato rimane invariato fino al triplice fischio. La brutta sconfitta di Parma lascia qualche strascico anche nel match contro il Monza, ma la vittoria ottenuta dalla squadra di Tudor è fondamentale per rimanere attaccata a quel gruppone che presenta sempre nuove insidie e pretendenti. L’ingenuità di Yildiz rimuove un protagonista d’élite per lo scontro Champions di Bologna (e forse non solo quello), ma nel frattempo Tudor può ripartire dalla buona gestione dell’inferiorità numerica nel secondo tempo, anche se dall’altra parte il Monza sembra ormai non avere altro da dare al campionato. La squadra di Nesta si appresta a retrocedere in Serie B, in attesa del verdetto definitivo, e adesso bisogna capire in che modo la società brianzola si muoverà in vista di un finale di campionato in cui il Monza deve comunque difendere l’onore.

Atalanta – Lecce (A cura di Marco Rizzuto)

Karlsson e Retegui feriscono dagli undici metri ma a Bergamo nessun vincitore

La gara tra Atalanta e Lecce, rinviata di 48 ore, si carica di commozione e rispetto per la scomparsa prematura di Graziano Fiorita, terapista dei salentini. Al Gewiss Stadium, infatti, la squadra di Giampaolo scende in campo con una maglia diversa, volta a ricordare il loro caro. Passando alla situazione in campo, il primo vero squillo arriva al 5′ a favore dei padroni di casa: Zappacosta, dalla sinistra, rientra sul destro e crossa in mezzo per il colpo di testa di Pasalic. Falcone, però, è attento e blocca nonostante la posizione ravvicinata del croato. Nonostante il brivido iniziale, è il Lecce a creare più pericoli nella prima frazione di gioco, sfiorando il gol con Coulibaly dopo 23 minuti, quando Carnesecchi si rende protagonista con una super chiusura. Pochi minuti più tardi, i ragazzi di Giampaolo sfiorano nuovamente il vantaggio, ma l’estremo difensore bergamasco si impone ancora, dimostrando di essere uno dei portieri migliori del nostro campionato con due interventi decisivi: il primo su Rebic lanciato a rete, il secondo su Karlsson, che aveva provato a calciare in porta direttamente da centrocampo dopo una ribattuta. Alla mezz’ora, il Lecce trova il tanto atteso vantaggio: il direttore di gara La Penna viene richiamato al VAR e assegna un calcio di rigore in favore dei salentini, decisivo il tocco irregolare con la mano di Hien su un traversone dell’azione precedente. Dal dischetto, Karlsson — uno dei più ispirati tra le fila salentine — batte Carnesecchi, indirizzando così la gara. I bergamaschi accennano una reazione poco dopo, ma anche in questo caso Falcone risponde reattivamente alla conclusione dal limite di Pasalic. La prima frazione si chiude così con il vantaggio dei salentini, tra il mormorio del pubblico che si aspettava sicuramente un piglio diverso, soprattutto in zona offensiva, data la grande capacità realizzativa dell’attacco bergamasco. Gasperini comprende la necessità di mettere mano alla panchina e inserisce Cuadrado per dare più rapidità e imprevedibilità alla manovra. Il secondo tempo, però, riprende sulla scia offensiva del Lecce, che manca l’appuntamento col raddoppio per un soffio: Coulibaly, pescato sulla trequarti, serve la corsa di Pierotti, che manca clamorosamente la porta da posizione più che ghiotta. Arrivati all’ora di gioco, le manovre dell’Atalanta continuano a risultare prevedibili per la difesa salentina. Per questo motivo Gasperini opta per un doppio cambio molto offensivo: dentro De Ketelaere e Ruggeri per Pasalic e Kossounou. I risultati iniziano a farsi vedere: la Dea prende più coraggio e riesce a segregare il Lecce nella propria metà campo. Al 67′, sugli sviluppi di un traversone, Cuadrado subisce un calcione da Karlsson dentro l’area e l’arbitro concede il secondo penalty della gara. Dal dischetto, Retegui non sbaglia, pareggiando i conti e siglando il suo ventiquattresimo centro stagionale. Subito dopo il pari, Retegui sfiora la doppietta di testa su assist di Zappacosta, ma il legno vanifica tutto, mantenendo l’equilibrio. Il tramonto del match regala poche emozioni, affievolendo l’iniziale garra dei bergamaschi, alla ricerca della vittoria dopo il rigore trasformato da Retegui. Nonostante il pari, l’Atalanta rimane in solitaria al terzo posto a quota 65 punti, con Juventus e Bologna in agguato in caso di possibili passi falsi. Il Lecce, invece, racimola un buon punto per la sua lotta salvezza, distanziando il Venezia di soli due punti.

Napoli – Torino (A cura di Tommaso Patti)

Vittoria da primato. McTominay manda in estasi il Maradona.

La gara del Maradona, valida per il possibile sorpasso degli azzurri sull’Inter, offre al Napoli un’opportunità importante in virtù di un finale di stagione tutto da vivere. La sfida tra l’allievo Vanoli e il maestro Conte parte subito forte, con il Napoli proiettato in avanti alla ricerca del gol. La prima grande occasione per i padroni di casa arriva al secondo minuto, quando sugli sviluppi di un calcio d’angolo, il pallone non viene allontanato dalla difesa granata e offre al Napoli la possibilità di portarsi avanti. Nella precedente mischia, Olivera reclama un calcio di rigore per un contatto falloso di Coco nei confronti del terzino uruguaiano, intervento giudicato regolare dal direttore di gara. L’aggressività del gioco del Napoli ha subito i suoi frutti: dopo appena sette minuti, Anguissa serve un cross basso ma potente a centro area, spinto in porta da un grandissimo inserimento di Scott McTominay, regalando il vantaggio alla propria squadra e salendo a quota 11 gol in Serie A. Il passo falso dell’Inter nel primo pomeriggio contro la Roma, l’immediato gol del vantaggio e l’immancabile spinta del Maradona, carica maggiormente la squadra di Conte, sottolineandone ancora di più lo straordinario stato di forma. Nonostante lo svantaggio, il Torino riesce a non perdere il controllo della gara, riuscendo a rendersi pericoloso qualche minuto più tardi con Che Adams, impreciso nel concludere in porta il cross di Linetty. Dopo lo scampato pericolo, gli azzurri tornano a dominare il gioco, trascinati da un centrocampo formidabile e in grado di trainare un’intera squadra. Poco prima dell’intervallo, il Napoli trova il meritato gol del raddoppio grazie ad un duello vinto da Politano contro Biraghi, scontro che propizia il secondo gol di McTominay, arrivato da un anticipo del centrocampista scozzese ai danni di Casadei e Linetty. Dopo un generale equilibrio nei primi quindici minuti della ripresa, il Napoli torna a spingere e ad aggredire il Torino, andando vicino al terzo gol con Billing, bravo nell’inserirsi e a prendere posizione al centro dell’area piccola, per poi concludere di testa un tiro che termina sulla traversa. La fase finale di gara è carente di occasioni, con il Napoli che prova a mantenere i due gol di vantaggio, e con il Torino sempre alla ricerca del gol, sbattendo più volte contro l’ottima impostazione della difesa partenopea. Con il successo sul Torino, il Napoli supera l’Inter e si porta al primo posto in solitaria, distanziando i nerazzurri di tre punti. La seconda sconfitta nelle ultime tre gare del Torino, obbliga la squadra di Vanoli ad un cambio di marcia per riuscire a mantenere decimo posto in classifica.

Udinese – Bologna (A cura di Marco Rizzuto)

Udinese e Bologna sparano a salve: Davis e Orsolini fermati dai legni, al Bluenergy termina 0-0

Dopo i forfait arrivati nelle ventiquattr’ore prima di Ndoye e Pedrola, il Bologna approda a Udine per la corsa in Champions League dopo aver eliminato l’Empoli ed aver raggiunto la finale di Coppa Italia dopo ben 51 anni. Anche l’Udinese schiera in campo un undici titolare dall’attacco ‘leggero’, dati gli infortuni di Thauvin e Lucca. Runjaic da quindi fiducia a Davis come unico riferimento in avanti. Tra le fila dei rossoblù Dallinga viene nuovamente preferito a Castro, con Dominguez sulla fascia di sinistra. Dopo pochi attimi è proprio Davis a spaventare la difesa bolognese dopo l’errore di Lucumi, l’attaccante ex Aston Villa calcia dalla distanza colpendo in pieno la traversa. L’organico di mister Italiano che sembrava tanto stellare fino a qualche giorno fa, non riesce ad entrare in partita al Bluenergy Stadium sbagliando diversi palloni in fase di costruzione. Lucumi su tutti, appare sin da subito in difficoltà sbagliando al 13′ una verticale per Odgaard letta benissimo da Karlstrom, il quale avvia un ottimo contropiede non concretizzato dai compagni. Dobbiamo attendere la mezz’ora per vedere il Bologna attaccare pericolosamente l’area avversaria. In questo caso con la giocata individuale di Orsolini, che sfuggendo a Kamara perfora l’out di destra mettendo in mezzo un pallone insidioso ma neutralizzato dall’intervento di Okoye. Poco dopo ritorna pericolosa l’Udinese: cross forte e teso perfetto per l’incornata di Davis, Skorupski in tuffo alza la sfera in calcio d’angolo e Davis, purtroppo per i tifosi non è Lucca. Sul finale della prima frazione Davis fa prendere un ennesimo spavento ai ragazzi di Italiano, che tirano un sospiro di sollievo dopo che il pallone esce a fil di palo. Nei primi 45 minuti l’Udinese sfiora diverse volte il vantaggio ma per Davis non è la giornata fortunata, fermato da una traversa e da un miracolo di Skorupski. Sicuramente l’assenza di Thauvin e Lucca si fa sentire, nonostante l’ottima partita di sacrificio di Payero. Alla ripresa è sempre il numero cinque bianconero a sfiorare la rete del vantaggio su calcio piazzato, terminato di poco al lato. Il secondo tempo non regala particolari azioni palla a terra, ma al 66′ Orsolini pareggia il conto dei legni colpendo l’incrocio pieno su calcio di punizione. Al tramonto della gara, Italiano sostituisce Dallinga e Freuler per Castro e Moro, e proprio la giovane promessa argentina di testa serve un assist al bacio per Orsolini, che in tuffo non riesce ad indirizzare verso la porta. Termina quindi a reti bianche la sfida tra Udinese e Bologna. I ragazzi di Italiano non riescono a dare continuità all’importantissima vittoria contro l’Inter, fermandosi contro un’Udinese molto solida ma anche pericolosa in diversi frangenti. Nessuna delle due squadre avrà alla prossima partita una gara semplice. L’Udinese troverà un Cagliari voglioso di rimanere nelle acque sicure della 14^ posizione, mentre il Bologna si giocherà il piazzamento tra le prime quattro nello scontro diretto con la Juve.

Hellas Verona – Cagliari (A cura di Marco Rizzuto)

Il Cagliari sbanca il Bentegodi e vede la salvezza, Verona k.o.

Per provare a ipotecare la salvezza, il Verona si affida al consueto 3-1-4-2: Duda agisce da metronomo davanti alla difesa, favorendo il ritorno in campo di Suslov, assente nel match contro la Roma. In attacco è intoccabile il tandem Sarr-Mosquera.Tra le fila isolane, pesano le assenze di Mina e Piccoli: il primo è out per infortunio rimediato nella gara contro la Fiorentina, il secondo sconta una squalifica. Mister Nicola risponde rilanciando Palomino al centro della difesa e rispolverando Pavoletti, alla prima da titolare, al fianco di Zito. Nonostante le defezioni, il Cagliari domina gran parte del primo tempo, impegnando Montipò con le conclusioni pericolose di Zito e Marin. Al 28′ Suslov è costretto a uscire per un problema fisico: Zanetti effettua il primo cambio, inserendo Bernede. Al Bentegodi piove sul bagnato, e pochi minuti dopo il dominio rossoblù si concretizza grazie a un pasticcio difensivo del Verona. Zito sterza sul mancino e crossa un pallone apparentemente innocuo: Coppola liscia clamorosamente, mandando fuori tempo Ghilardi che non riesce a intervenire. Pavoletti, ben appostato, raccoglie e insacca da pochi passi, sbloccando la gara. L’unico sussulto gialloblù prima dell’intervallo è una punizione insidiosa di Duda, neutralizzata senza affanni da Caprile. Nella ripresa nessun cambio, ma i ritmi calano drasticamente. Il Cagliari è abile a spegnere il gioco, controllando il vantaggio nonostante i cambi operati da Zanetti. La noia prende piede al Bentegodi e il cronometro scorre inesorabile. All’81’ ci prova Sarr con un aggancio volante seguito da un tiro al volo, ma la palla sorvola la traversa. Nel finale, un guizzo di tensione: Ghilardi controlla male e, nel tentativo di rimediare, stende Gaetano con un intervento sconsiderato. L’arbitro non ha dubbi ed estrae il rosso diretto. Con l’uomo in più e un gol di vantaggio, i rossoblù si chiudono nella propria metà campo, aspettando il triplice fischio. Ma c’è tempo per il colpo del ko: un’altra disattenzione della difesa veronese spalanca la porta al contropiede. Mutandwa innesca la corsa di Gaetano, che entra in area, finta il tiro e serve l’accorrente Deiola, il quale deve solo appoggiare in rete il definitivo 0-2. Il triplice fischio dà il via a una pioggia di fischi per Zanetti e i suoi, mentre Nicola esulta: il Cagliari torna al successo in trasferta, cosa che non accadeva dal 5 gennaio contro il Monza, e vede la salvezza sempre più vicina.

Lazio – Parma (A cura di Marco Rizzuto)

Lazio e Parma si dividono la posta: Ondrejka illumina, Pedro la riprende

Una Lazio fatta di luci e ombre insegue il sogno Champions ospitando il Parma, ma i numeri sono impietosi: una sola vittoria nelle ultime nove partite casalinghe. I gialloblù, invece, approdano all’Olimpico con la forza del “punticino dopo punticino”, cercando di allontanarsi dalle zone più pericolose della classifica. Dopo appena due minuti, arriva il lampo ospite: Valeri sfonda a sinistra e serve un filtrante perfetto per Ondrejka, che piazza il pallone a fil di palo battendo Mandas. Stupore e silenzio tra i tifosi biancocelesti. I primi dieci minuti vedono una Lazio spenta, mentre il Parma prova a sfruttare l’inerzia della partenza fulminante. Superato il ventesimo, i padroni di casa iniziano a crescere, prendendo progressivamente il controllo del gioco. Al 37’ Castellanos trova il gol su splendida imbucata di Gila, ma l’esultanza viene strozzata dal fuorigioco segnalato dall’assistente: tutto da rifare. A inizio ripresa, il Parma colpisce ancora. Keita scappa via alla gabbia formata da Rovella e Guendouzi e serve nuovamente Ondrejka: il rimpallo lo favorisce e l’attaccante non sbaglia, firmando la doppietta dello 0-2. Poco dopo Gila e Guendouzi non si intendono e spalancano un’autostrada a Pellegrino, che però si fa ipnotizzare da Mandas, bravo a tenere a galla i suoi. Baroni cambia: fuori un impalpabile Dia, dentro Pedro. La mossa si rivela decisiva. È proprio lo spagnolo, al 78’, ad accorciare le distanze, approfittando di una dormita difensiva sul tiro di Tchaouna deviato da Suzuki. L’Olimpico si infiamma, la Lazio prende fiducia e continua a spingere. All’84’, Pedro completa la rimonta: sul cross di Pellegrini lo spagnolo impatta di testa da vero attaccante agguantando il pareggio diventando l’eroe della serata. Nel finale, i biancocelesti vogliono completare l’opera, ma rischiano grosso al 93’: Sohm lancia in profondità Man, che brucia Pellegrini nell’uno contro uno ma calcia male col sinistro. Brivido e sospiro di sollievo per tutto lo stadio. Con il triplice fischio di Sacchi, le due squadre si dividono la posta, ma resta l’amaro in bocca per entrambe. La Lazio viene sommersa dai fischi: serve una svolta se si vuole restare in corsa per la Champions. Il Parma, invece, si fa sfuggire tre punti fondamentali nella corsa salvezza: la squadra di Chivu dovrà lottare fino alla fine per restare fuori dalla zona rossa.

LA TOP11 DELLA 34ª GIORNATA

Grafica: Julya Marsala

Classe 2001. Studente in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Palermo. Aspirante telecronista/giornalista sportivo e grande appassionato di calcio e di musica

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Calcio

Coppa Italia, semifinali di ritorno: il derby di coppa è rossonero, il Bologna non delude

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Inter – Milan (A cura di Tommaso Patti)

Estasi rossonera. La doppietta di Jovic e la rete di Reijnders eliminano l’Inter

La prima delle due sfide di ritorno della semifinale di Coppa Italia, vede sia l’Inter che il Milan affrontare la gara con la consapevolezza che dalla gara del Meazza, le due squadre si contendono una grandissima fetta di stagione. Le sconfitte ottenute nell’ultimo week end contro Bologna e Atalanta, hanno rallentato e dato parecchi problemi alle due milanesi.

Rispetto all’ultima gara, Inzaghi cambia sei uomini: oltre alla già risaputa titolarità di Josep Martinez in porta, sarà Bisseck a fiancheggiare la coppia De Vrij-Bastoni, mentre torna titolare sia Asslani in mediana, sia Taremi in attacco, in coppia con Lautaro. Nonostante il gol del momentaneo vantaggio nella sfida d’andata, Conceição decide di puntare su Jovic e non confermare Abraham al centro dell’attacco, con Leao e Pulisic alle spalle del serbo. La sconfitta contro l’Atalanta non fa cambiare idea a Conceição, che conferma il nuovo modulo con la difesa a tre, fattore che rende i rossoneri molto più offensivi e liberi di attaccare tramite le fasce.

Dopo l’iniziale commozione generale dovuta al minuto di silenzio in memoria di Papa Francesco, il 244° derby di Milano si accende immediatamente. Dopo i primi minuti in cui l’Inter è riuscita a palleggiare e a farsi notare nella metà campo avversaria, il Milan prova per la prima volta a uscire dalla propria “bolla” grazie al ritmo alto della propria fascia destra, occupata da Jimenez e Pulisic. I nerazzurri, dopo un paio di minuti di sofferenza, riescono a ripartire con Darmian, dimenticato dalla difesa del Milan e lasciato libero di calciare. Dopo venti minuti di equilibrio, sono due errori di posizione del Milan a lasciare spazio alle avance avversarie e a prendersi la scena è Dimarco: l’esterno nerazzurro dopo un inizio di gara sofferente date le avance rossonere, si rende protagonista con una doppia conclusione neutralizzata da Maignan e un tiro terminato sulla traversa da posizione defilata. Poco dopo la doppia azione di Dimarco, la sponda arretrata di testa di Taremi trova Lautaro Martinez solo e con una buona angolazione di tiro, sciupata però dal centravanti argentino che spedisce il pallone altamente sopra la traversa. I sessantasette mila spettatori spingono i nerazzurri, ma è il Milan a trovare il gol del vantaggio con il cross di Jimenez che pesca a centro area Jovic, libero di angolare il pallone e spedirlo in porta. Dopo svariati tentativi, esattamente come la trasferta di Bologna, l’Inter si spegne ed esce completamente dalla partita a inizio ripresa, palesando un enorme calo fisico e psicologico, fattore che porta al secondo gol di Jovic, prendendosi meritatamente la scena di un derby a cui non doveva nemmeno partecipare fino a poco tempo prima. L’unico tentativo di riaprire la gara da parte dell’Inter arriva con il colpo di testa di De Vrij, in una situazione simile a quella avuta nell’ultimo derby di campionato. I quattro cambi di Inzaghi non cambiano la gara, il Milan domina nella ripresa e chiude definitivamente la gara a cinque minuti dalla fine con l’ennesima rete di Reijnders, che chiude il derby e manda meritatamente il Milan in finale.

I MIGLIORI

La frase “Il calcio è fatto da episodi” si incarna perfettamente nella prestazione di Luka Jovic e di mister Conceição. Ai margini del progetto rossonero, l’attaccante serbo è riuscito a sfruttare perfettamente il poco spazio che gli è stato concesso, regalando un altro derby al Milan e
Con la finale del 14 maggio conquistata, la stagione altalenante del Milan può avere una svolta: le troppe cadute in campionato possono essere coperte da due possibili trofei (dopo la vittoria in Supercoppa italiana). L’esperienza di Conceição al Milan sembrava potesse terminare a fine stagione fino a pochi giorni fa, ma grazie ad una grandissima prestazione contro i cugini, i rossoneri possono sperare nella conquista di un altro trofeo che varrebbe l’accesso diretto alla prossima Europa League, visto il momentaneo nono posto in campionato, che non garantirebbe ai diavoli alcun piazzamento europeo.

TESTA ALLE PROSSIME

Definire delusione una stagione giocata ai massimi livelli in ogni competizione è un parolone, ma la stagione dell’Inter rischia di frantumarsi su tutti i fronti in pochissimi giorni. Zero gol fatti e quattro gol subiti in sole due partite, suonano come un campanello d’allarme per Simone Inzaghi, che ora deve rimboccarsi le maniche e rialzare il morale di una squadra che ha ancora il tempo di dire la sua sia in campionato che in Champions League, e all’orizzonte ci sono già le sfide contro Roma e Barcellona.

 

Bologna Empoli (A cura di Marco Rizzuto)

51 anni dopo è realtà: Bologna, bentornata in finale!

Con la rotonda vittoria per 3 a 0 nella semifinale d’andata giocata al Castellani, il momento di forma straordinario in campionato, che sta lanciando il Bologna verso un secondo piazzamento consecutivo in zona Champions, i ragazzi di Vincenzo Italiano non hanno di certo intenzione di fermarsi qui, e si giocano l’accesso alla finale di Coppa Italia tra i suoi tifosi, nel suo fortino, che ha dato da filo da torcere a tutte le big della Serie A.

Tra le fila bolognesi nessun cambio di modulo, Italiano però preferisce far rifiatare qualche pedina fondamentale visto il finale di campionato ancora incerto. Lykogiannis e Cambiaghi partono titolari sulla fascia sinistra, Fabbian ritrova il posto da titolare nella trequarti, con Moro che duetta con Freuler nella mediana, facendo rifiatare Ferguson.
Viceversa l’Empoli, rispetto al match d’andata, cambia schieramento cercando di contenere le avanzate degli avversari. D’Aversa schiera un 3421 preferendo maggiore densità in mezzo al campo, con Solbakken e Sambia che forniscono supporto a Konate unica punta. Nonostante i cambi, l’avvio sembra una proseguo del match d’andata, i rossoblù stappano la gara dopo appena sette minuti di gioco con la testata vincente di Fabbian: dopo la respinta del corner, Moro controlla la sfera e scodella al centro dell’area di rigore, dove sbuca la mezz’ala ex Inter che prende il tempo a tutti compreso Seghetti. Nonostante il palleggio continuo del Bologna, e la rete del momentaneo 4-0 totale, la squadra di D’Aversa non si arrende e cerca di graffiare saltuariamente la retroguardia casalinga con un buon pressing del reparto offensivo. Qualche minuto dopo la mezz’ora, i toscani riescono a siglare la rete che infonde speranza alla squadra: dopo un ottimo sombrero, Sambia serve la corsa di Solbakken che impegna Ravaglia in tuffo, sulla ribattuta Kovalenko spinge in rete indisturbato. La squadra di D’Aversa è difficile da inquadrare, una buona fase offensiva accompagnata però da una fase difensiva molto confusa e disattenta.

Ad Italiano non è piaciuta la fase difensiva intravista nel gol subìto, e provvede sostituendo alla ripresa Lucumi per Erlic, mentre Dominguez prende il posto di Orsolini. Si muove anche la panchina dell’Empoli, con Colombo che subentra a Solbakken. Quasi all’ora di gioco, Sambia commette un intervento sconsiderato ai danni di Lykogiannis, il direttore di gara attende qualche minuto per verificare se ci fossero gli estremi per il cartellino rosso, alla fine viene confermato il cartellino giallo tra lo stupore della panchina rossoblù e del pubblico. La ripresa segue un ritmo più lento e con meno occasioni, il Bologna non ha fretta di forzare l’azione preferendo una gestione intelligente del possesso. Nonostante i cambi per entrambe le fazioni, per gran parte del secondo tempo il copione non cambia. Sul finale Dallinga sigla la rete che mette in ginocchio l’Empoli: altro traversone millimetrico, stavolta di Lykogiannis e altra testata vincente che non lascia scampo a Seghetti, chiudendo il capitolo semifinale.

I MIGLIORI

Non esistono riserve, esistono risorse.
La prestazione messa in campo da Moro rappresenta perfettamente questa frase, e racconta il clima che si respira nello spogliatoio di Vincenzo Italiano.
Una partita giocata da vero leader, condita da un assist al bacio che vale quanto un gol. La gara che abbiamo vissuto ci insegna che, a volte, non servono campioni affermati per raggiungere la vetta. La finale del 14 maggio ne è la prova. Solo allora, con una coppa in palio, potremo assistere al racconto di uno scontro tra due squadre guidate da una mentalità, un progetto e un modus operandi molto diversi.
La scorsa stagione i tifosi del Bologna credevano di aver toccato il paradiso. Un anno dopo, forse, stanno per scoprire cosa c’è oltre.

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Calcio

Il Supercommento della 33ª giornata di Serie A

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Il commento completo di tutte le partite, con la Top 11 alla fine, della trentatreesima giornata di Serie A

Lecce-Como (A cura di Dennis Rusignuolo)

Nico Paz inventa, Diao fa doppietta: il Como consolida la salvezza, il Lecce ora è nei guai

Fabregas va alla ricerca del terzo successo consecutivo in Serie A, che ai lariani non riesce da 73 anni, e si affida nuovamente a Douvikas. Il greco si è sbloccato contro il Torino e ritrova nuovamente una maglia da titolare al centro dell’attacco, sorretto dai soliti Paz-Diao e Ikoné (sempre più in alto nelle gerarchie del tecnico spagnolo). Giampaolo conferma la formazione dell’Allianz Stadium, ritornando però alla difesa a quattro. Il copione della gara del Como è praticamente lo stesso da inizio anno, con i lariani alla ricerca del dominio del gioco attraverso il possesso costante del pallone. Fondamentale il ritorno di Nico Paz dal primo minuto per la manovra offensiva della squadra di Fabregas. Primo squillo salentino dopo il quarto d’ora con una splendida girata di Morente che Butez mette in angolo. Dopo l’inizio in apnea i salentini riprendono fiato e coraggio e il match diventa più equilibrato.  Gaspar non arriva su una palla vagante davanti a Butez perdendo una grande chance per il vantaggio interno. La replica è di Perrone con un tiro al volo dal limite di poco alto. Alla mezz’ora grandissima occasione per Douvikas che solo davanti a Falcone incrocia troppo il diagonale mettendo a lato di un soffio. Al 33′ passa il Como: Nico Paz accelera, tocco sotto per saltare Ramadani, lancio che mette Diao solo davanti a Falcone. Rasoterra che porta avanti i lariani, ma il guardalinee alza la bandierina per segnalare il fuorigioco del marcatore. Ci vuole l’intervento del Var per convalidare il vantaggio della squadra di Fabregas. Settimo gol per uno straripante Assiane Diao, arrivato nel mercato di gennaio e già in cima alla classifica dei marcatori del Como. Nel secondo tempo il Lecce ci prova, ma la porta di Butez sembra stregata: al 51′ Krstovic non riesce a superare Goldaniga dopo un’uscita a vuoto di Butez su palla inattiva. Poi Gaspar non arriva di testa per un soffio sulla punizione tagliata di Morente. I giallorossi prendono coraggio e spingono, e all’ora di gioco Butez arriva con la mano aperta a mettere in angolo il gran tiro da fuori di Morente indirizzato sotto la traversa. Fondamentali gli interventi del portiere francese, che permettono al Como di mantenere il vantaggio, fino a quando la girandola di cambi di Fabregas ribalta nuovamente l’inerzia della gara. Il ritmo si smorza improvvisamente, e questa condizione non fa altro che giovare alla strategia del Como, ma i lariani a ridosso del novantesimo chiudono la pratica: al minuto 88 Da Cunha mette in mezzo un gran cross verso il centro, Goldaniga stacca di testa e buca Falcone. Torna al gol il difensore italiano (ammonito durante la gara, salterà la prossima), dopo un digiuno che durava da ormai cinque anni. Nel recupero mette un altro sigillo lo scatenato Diao, servito dal grande ex Strefezza, lo spagnolo firma la doppietta e consolida la salvezza del Como. Sembra ormai cosa fatta per la squadra di Fabregas, che nelle ultime gare è riuscita ad abbinare il proprio gioco spregiudicato e intenso con i tre punti. Tre successi di fila non si verificavano da 73 anni, e già nella prossima gara contro il Genoa la salvezza può essere aritmetica. Il Lecce di Marco Giampaolo, contestato dalla tifoseria al triplice fischio, continua la propria caduta libera: l’ultima vittoria risale al 31 gennaio a Parma. Per ritrovare un sorriso tra le mura amiche, i giallorossi devono risalire addirittura al 2-1 sul Monza di metà dicembre, e adesso si comincia a sentire il fiato sul collo di Venezia ed Empoli. L’ennesima prestazione altamente insufficiente è già un campanello d’allarme per il finale di stagione, ma è nella sterilità offensiva che il Lecce preoccupa e non poco i propri tifosi. La sensazione è che l’unica scossa possa arrivare sempre dai piedi di Krstovic, che non ci sarà a Bergamo per squalifica, e adesso per evitare di sprofondare ulteriormente Giampaolo chiede gol e presenza dai vari Pierotti, Tete Morente, Banda e Rebic.

Monza-Napoli (A cura di Tommaso Patti)

Un solo gol che vuol dire aggancio alla vetta. Il Napoli passa di misura contro il Monza

Nella sfida che può far agganciare il Napoli al primo posto per ventiquattr’ore, Conte schiera la miglior formazione (esclusi gli assenti per infortunio) per fronteggiare un Monza sempre più in crisi di risultati e sempre più vicino al baratro.
Nonostante l’evidente differenza della rosa e degli obiettivi, sia il Napoli che il Monza riescono a rendere piacevole un match che per molti poteva sembrare a senso unico. Seppur senza particolari occasioni concrete, il Monza riesce a creare qualche problema al Napoli quando è in fase di palleggio. Il primo guizzo dei partenopei arriva al quarto d’ora inoltrato, quando sul calcio di punizione battuto da McTominay, Turati si fa trovare pronto e riesce a respingere la conclusione potente ma centrale dell’ex Manchester United. Il buon periodo del centrocampista scozzese viene evidenziato un giro d’orologio successivo, quando su una ripartenza, il numero otto azzurro riesce a far salire la squadra per poi essere invitato al tiro dall’assist di Spinazzola, conclusione che viene murata in corner da un ottimo intervento di Caldirola. Sul conseguente calcio d’angolo battuto da Gilmour, il colpo di testa di Rrahamani indirizzato sul secondo palo termina di poco a lato. Sulla battuta di un altro corner, è nuovamente McTominay a sfiorare il gol del vantaggio, rete mancata per un soffio dopo il tentativo di mettere il pallone in porta in allungo. La migliore occasioni della prima frazione però è a tinte biancorosse: su un cross che pesca la corsa di Castrovilli, l’ex centrocampista di Lazio e Fiorentina riesce a continuare il possesso palla, saltare Rafa Marin per poi calciare in porta dopo un’azione pazzesca, spedendo però fuori il pallone del possibile uno a zero del Monza. Prima del duplice fischio, un tiro di Bianco da fuori area deviato accidentalmente verso la porta da Dany Mota mette paura al Napoli, che va al riposo con tanto nervosismo vista la poca lucidità sotto porta, e le troppe occasioni concesse al Monza. Nella ripresa, la prima occasione arriva a favore degli uomini di Nesta con il colpo di testa di Caldirola. La risposta degli azzurri arriva qualche minuto più avanti con una conclusione ad incrociare di Politano che costringe Turati ad effettuare una grande parata. Dopo settanta minuti di equilibrio, il Napoli passa in vantaggio con McTominay, che riceve perfettamente il cross di Raspadori, e anticipa con un colpo di testa l’uscita maldestra di Turati. Il terzo gol consecutivo dello scozzese scalda il Napoli, pericoloso a dieci minuti dalla fine con il tiro di Raspadori che viene murato e rischia di diventare nocivo per Turati, che riesce a evitare il gol allungando le mani. La conclusione pericolosa di Simeone è l’ultimo acuto di una partita bella, equilibrata e combattuta, vinta dagli uomini di Conte con tenacia e forza di volontà. Seppur di misura, il successo contro il Monza ridà al Napoli la continuità giusta per inseguire il sogno scudetto. Il decimo gol di McTominay fa sprofondare sempre di più il Monza che, con soli 15 punti, si trova a undici punti dalla zona salvezza, che ormai è solamente un miraggio.

Roma-Hellas Verona (A cura di Tommaso Patti)

La Roma non molla e sogna la Champions. La rete di Shomurodov stende il Verona.

Nella giornata che vede impegnate tutte le pretendenti della Champions in gare molto complicate, la Roma è chiamata a fare una grandissima prestazione contro il Verona, inbattuta nelle ultime quattro gare. Dopo la bellissima atmosfera del derby, anche contro il Verona, l’Olimpico si veste del miglior abito per spingere il giallorossi al successo. La prima occasione della gara è a favore dei veneti, che vanno vicini al gol del vantaggio con Sarr, che viene lanciato verso la porta ma spreca un enorme opportunità. Alla grande occasione da gol sbagliata da Sarr, la Roma risponde colpendo in contropiede, riuscendo a trovare la rete dell’1-0 con una grandissima azione nata da un lancio millimetrico di Cristante per Soulé, che stoppa il pallone, salta due avversari e imbuca per Shomurodov, autore del gol del vantaggio dopo appena quattro minuti. L’uomo che è riuscito a raddrizzare le ultime partite da subentrato, riesce a ripagare la fiducia di Ranieri trovando la sua quarta rete in stagione. Il botta e risposta tra la Roma e il Verona continua sotto il segno di Mosquera e Sarr, autori di un ottimo fraseggio che mette in pericolo la difesa giallorossa. Nella stessa azione, Ghilardi riceve palla da Amin Sarr e calcia di prima intenzione, ma la sua conclusione termina alta. Dopo lo scampato spavento, la Roma reagisce con l’uomo più in forma: dopo l’eurogol segnato nel derby e l’assist vincente per Shomurodov, Soulé punta Bradaric e calcia di potenza sul primo palo, trovando però l’opposizione di Montipò. Dopo un finale di primo tempo poco avvincente e con poche azioni pericolose, Hellas Verona ritorna a farsi vedere nella metà campo avversaria grazie al duello vinto da Mosquera contro Mancini, terminata con la conclusione dell’attaccante colombiano che viene deviata in calcio d’angolo. La conclusione di Baldanzi al 53’ e la girata quasi vincente di Dovbyk, sono gli ultimi due squilli di una partita con poche occasioni ed emozioni. Nonostante una partita al di sotto delle aspettative (dato l’ottimo periodo di forma), la Roma può rendersi soddisfatta per l’ennesima prestazione positiva di Svilar e Shomurodov. Se i tre punti avvicinano la Roma alla zona Champions League, la sconfitta del Verona risuona più forte nell’aria poiché arriva dopo gli ottimi risultati ottenuti contro Genoa, Torino, Parma e Udinese.

Empoli-Venezia (A cura di Dennis Rusignuolo)

Dalla noia ai fuochi d’artificio, ma il pareggio non “salva” nessuna delle due

DiFra rivoluziona va alla ricerca di un successo da sei punti, e lo fa rinunciando un po’ a sorpresa a Oristanio. Il fantasista italiano parte dalla panchina, al suo posto viene avanzato Busio alle spalle di Gytkjaer. Nei toscani Fazzini ed Esposito agiscono alle spalle di Colombo, per il resto il modulo e gli interpreti sono sempre gli stessi. L’Empoli fa la partita in avvio, ma sono i toscani che rischiano su una punizione di Nicolussi Caviglia al 13’, bravo Vasquez a ribattere con i pugni. Al ventesimo l’Empoli sfonda per la prima volta con Fazzini, ma Marcandalli è prodigioso nel recupero sul centrocampista toscano. I lagunari rischiano grosso al minuto 24: su un pallone messo in mezzo da Cacace, Radu rinvia a pugni chiusi, ma la successiva respinta di Candé carambola su Doumbia, che sfiora il clamoroso autogol. Il quasi autogol del centrocampista del Venezia è di fatto la migliore occasione del primo tempo dei toscani, mentre per il Venezia i pericoli principali arrivano sempre dalla stessa fonte: Nicolussi Caviglia. Il centrocampista azzurro impegna di nuovo Vasquez, che sul cross dalla destra di Zerbin per Doumbia costringe il numero uno colombiano a una respinta-capolavoro. Tutta un’altra storia dopo l’intervallo. Pronti, via e dopo ottanta secondi l’accelerazione di Colombo costringe Marcandalli al fallo, quando l’attaccante era ormai lanciato a rete. Cartellino giallo, fra le proteste dei toscani che avrebbero voluto l’espulsione, ma il provvedimento non viene cambiato in quanto Marcandalli non era l’ultimo uomo. La gara si sblocca al minuto 59 con il primo gol stagionale di Jacopo Fazzini, che batte Radu al termine di un’azione favorita da un errore di Busio, con il successivo cross preciso di Henderson in area, il trequartista dell’Empoli brucia Idzes e porta in vantaggio l’Empoli. Galvanizzati dal vantaggio, i ragazzi di D’Aversa sfiorano il raddoppio con Esposito, ma il Venezia trova una scintilla che riapre la partita: corner teso di Nicolussi Cavigliasul secondo palo, grave l’errore di lettura di Vasquez, che esce a vuoto e regala a Yeboah la zampata vincente a porta vuota. Pareggio che rimette in equilibrio la gara, anche se il Venezia acquisisce nuova linfa dalla girandola dei cambi. I fuochi d’artificio vengono accesi definitivamente a cinque dalla fine: all’85’ Busio trova il colpo da biliardo sul cross di Yeboah, poi arriva il pareggio di Tino Anjorin. Il centrocampista inglese -una delle sorprese del campionato nel girone d’andata- vince un contrasto, supera un avversario e batte Radu con un destro a giro meraviglioso. La perla di Anjorin è l’ultima scintilla di un match che si è acceso sempre di più verso la fine, ma che termina con un nulla di fatto. Un bottino praticamente vuoto per entrambe le squadre, perché l’occasione di uscire dalla zona retrocessione era ghiottissima e con il pari la situazione rimane invariata. L’Empoli rimane al penultimo posto, ma sembra aver ritrovato conferme importanti per il rush finale, a cominciare dai gol di Fazzini e Anjorin. Dall’altra parte il Venezia presenta una versione piuttosto inconsueta di sé stessa: da una parte di due gol realizzati, in risposta alla sterilità offensiva che ha condizionato il girone di ritorno dei lagunari; da sottolineare, però, anche i due gol subiti da Radu. La duttilità del muro difensivo aveva permesso al Venezia di conquistare risultati importanti, e adesso il focus si concentra sulla prossima gara, per mostrare effettivamente che Venezia affronterà le ultime gare per cercare una salvezza vicina, ma al momento ancora lontana.

Bologna-Inter (A cura di Tommaso Patti)

Fatal Bologna per l’Inter. La magia di Orsolini stende i nerazzurri

Nella domenica di Pasqua, va in scena la partita di cartello della trentatreesima giornata di Serie A, la super sfida tra Bologna e Inter, valida sia per la Champions League sia per l’apertissima lotta scudetto. I quaranta giorni di fuoco dei nerazzurri partono proprio dal Dall’Ara, dove Simone Inzaghi decide di non attuare turnover nonostante l’imminente sfida in Coppa Italia contro il Milan. La prima palla gol della partita arriva su un’imbucata di Çalhanoğlu per Lautaro Martínez, che scappa alla stretta marcatura di Lucumi, e prova a sorprendere Ravaglia con un tocco morbido, ma la conclusione del capitano dell’Inter viene deviata dal portiere rossoblu in corner. Sugli sviluppi del calcio d’angolo battuto da un ispirato Çalhanoğlu, Carlos Augusto riesce a liberarsi dalle marcature e a colpire indisturbato la sfera, terminata di poco al lato. Dopo aver subito due pericolose azioni da gol nel giro di tre minuti, il Bologna risponde con un’azione in solitaria di Ndoye, conclusa dall’esterno svizzero con un tiro insidioso e angolato. Proprio dai piedi di Ndoye, il Bologna costruisce l’azione più pericolosa del primo tempo: dopo aver superato con uno scatto in velocità Acerbi, la freccia felsinea scarica un cross arretrato per Dallinga, che calcia di prima intenzione, ma non trova la gioia del gol a causa di un salvataggio miracoloso di Pavard. L’assenza in attacco di Turan, sostituito da Correa, non dai i propri frutti, e di conseguenza l’Inter prova a colpire i padroni di casa tramite calci piazzati. L’ennesimo gol sfiorato dall’Inter con il colpo di testa di Bastoni che terminata alto, è l’ennesima prova di una squadra che riesce a imporre il proprio gioco, nonostante le difficoltà. Nella ripresa però, complice la stanchezza, il nervosismo e anche tanto merito del Bologna, l’Inter si spegne e lascia prendere il domino del gioco ai padroni di casa, che vanno vicini al gol dell’uno a zero con il tiro a giro di Dominguez. Ad una manciata di minuti dalla fine, l’Inter si rende per la prima volta pericolosa nella ripresa grazie ad una rimessa laterale battuta verso l’interno dell’area di rigore avversaria da Carlos Augusto, che obbliga l’uscita con i pugni di Ravaglia, disturbato in maniera irregolare da Lautaro, che fa terminare il pallone sul palo per poi essere recapitato e spinto in porta dal tap-in di Taremi, ma l’intervento miracoloso di Miranda salva la difesa di casa. Con il trascorrere del tempo, gli innesti di Simone Inzaghi non danno i frutti sperati, mentre quelli di Vincenzo italiano iniziano a produrre qualcosa di importante negli ultimi istanti di gara. Il colpo di testa di Cambiaghi, dimenticato totalmente dalla retroguardia nerazzurra, è solamente uno dei primi fatali errori della difesa nerazzurra negli ultimi minuti di gioco. Al terzo dei quattro minuti di recupero, nel tentativo di Bisseck di spazzare il pallone, Orsolini raccoglie l’involontario assist del tedesco e lo spedisce dritto in porta con una giocata mozzafiato che regala i tre punti al Bologna. Dopo aver fermato i nerazzurri in lotta per lo scudetto già nella stagione 2021/22, i felsinei frenano nuovamente la formazione allenata da Simone Inzaghi. Con la vittoria sui nerazzurri, il Bologna può sognare ancora più concretamente un piazzamento che vale la partecipazione alla prossima Champions League. L’eurogol di “Orsonaldo”, costringe l’Inter a non fare più passi falsi per continuare a rimanere in lotta per lo scudetto.

Milan-Atalanta (A cura di Simone Scafidi)

Ederson gela San Siro, l’Atalanta brilla a Milano

Con la corsa per la Champions ancora apertissima, l’Atalanta deve cercare di portare a casa il maggior numero di punti possibili, per lasciare indietro le contendenti, mentre il Milan deve cercare di risvegliarsi per sollevare il finale di una stagione di Serie A tutt’altro che positiva. La prima metà del primo tempo presenta una fase di stallo abbastanza monotona, durante la quale le due squadre tardano a compiere la prima mossa, in attesa di un varco attraverso il quale sferrare il loro primo colpo. Al 24’ Pasalic e Cuardado scambiano sul settore destro avanzato del rettangolo di gioco, con il fraseggio che termina con il cross al centro per Retegui, la cui girata termina a lato della porta di Maignan. I rossoneri, dopo venti minuti, rispondono con Jovic, che a sua volta si gira all’interno dell’area cercando una conclusione forte che però non impensierisce Carnesecchi, spettatore della traiettoria fuoriuscente del pallone. Nel secondo tempo il Milan sembra iniziare meglio, per poi lasciare spazio però all’azione decisiva della squadra di Gasperini. Dai piedi di Lookman parte un precisissimo cross per Bellanova, che di testa inserisce un pallone all’interno dell’area sul quale si avventa Ederson, che con la testa insacca Maignan e porta in vantaggio l’Atalanta. Appena otto minuti dopo Lookman prova a raddoppiare, sterzando sul suo solito destro ma calciando alto sopra la porta rossonera. La vera occasione per il raddoppio arriva al 74’ con Retegui che colpisce a botta sicura senza però inquadrare lo specchio della porta. Con questa occasione e poco altro, e con un Milan probabilmente conservativo in vista del Derby di Coppa Italia, si conclude un match praticamente a senso unico, che vede l’Atalanta avvicinarsi sempre di più alla qualificazione in Champions League.

Cagliari-Fiorentina (A cura di Marco Rizzuto)

La Fiorentina si impone in rimonta, Cagliari k.o. all’Unipol Domus

Con il ritorno in campo all’Unipol Domus, gli isolani cercano la vittoria tra le mura amiche. Per raggiungerla, Nicola opta per una formazione più offensiva rispetto a quella vista contro l’Inter. Tornano titolari Viola e Luvumbo, mentre Coman torna ad essere un’arma da sfruttare a gara in corso. In casa viola, Palladino ritrova Gosens, ma deve rinunciare a Keanper motivi familiari.
Il Cagliari dà il via a un inizio scoppiettante, trovando il vantaggio dopo appena sei minuti: Zito crossa in mezzo, De Gea cerca di allontanare il pallone coi pugni ma serve involontariamente Piccoli, che insacca col sinistro a porta semi-sguarnita da vero rapace d’area. Il dominio sulle fasce è netto, e i rossoblù sfiorano il raddoppio con Zortea, fermato solo dal palo. Dopo il primo quarto d’ora, la Fiorentina comincia a rialzare la testa e spaventa per la prima volta Caprile su calcio piazzato. Mandragora calcia da lontano e colpisce in pieno il legno. Il gol non arriva, ma da quel momento i viola crescono, ritrovando quella lucidità mancata nei minuti iniziali. Il Cagliari continua ad attaccare con generosità, ma concede troppo dietro. I toscani ne approfittano al 35’: Mandragora rifinisce una manovra palla a terra servendo Gosens, che calcia d’esterno sul secondo palo disegnando una traiettoria imprendibile per Caprile. Il finale del primo tempo è vibrante e carico di tensione. In area, Luvumbo si libera con un doppio passo e sfugge a Pongracic, che tenta di rimediare con un intervento in scivolata per intercettare il cross. Il pallone resta lì e il contatto tra i due appare evidente. L’arbitro assegna il rigore senza esitazioni, ma dopo il check al VAR torna sui suoi passi e annulla la decisione. La ripresa si apre con il botto: dopo appena due minuti, Gudmundsson apre per la corsa di Dodô, che crossa al centro per Beltrán. L’argentino svetta di testa e completa la rimonta, coronando una prestazione di grande sacrificio nella prima frazione. Il Cagliari, ferito ma non domo, si riversa nella metà campo avversaria alla ricerca del pari. La Fiorentina però regge l’urto, aiutata anche dalle sostituzioni mirate di Palladino (Parisi per Gosens, Richardson per Fagioli). Dopo una lunga fase di possesso, i padroni di casa riescono finalmente a concludere: Zappa crossa al centro, Mandragora devia male e serve involontariamente Marin, che calcia potente dal limite. De Gea si riscatta, salvando il risultato con un grande intervento. Nel finale, la Fiorentina va vicina all’1-3 con Zaniolo, che calcia forte da pochi passi trovando però un attento Caprile, bravo a deviare in angolo. Dopo sette minuti di recupero, Marinelli fischia tre volte decretando il trionfo Viola e l’inseguimento al sogno europeo. La squadra di Palladino è imbattuta dalla trasferta di Napoli del 9 marzo e ora conta 56 punti in classifica: quattro in più del Milan, nono, e altrettanti di distanza dal Bologna quarto. Sul fronte rossoblù, la sconfitta può essere considerata accettabile, ma Nicola dovrà evitare di giocare col fuoco, il calendario degli solani è pieno di scontri diretti, e l’ultima giornata sarà in casa del Napoli, ancora in piena lotta per il titolo.

Genoa-Lazio (A cura di Marco Rizzuto)

La coppia Taty-Dia espugna il Ferraris: La Lazio passa a Genoa e sogna la Champions

L’avvio di gara al Ferraris è tutto a tinte rossoblù, con un Genoa propositivo ma un Pinamonti dai ferri bagnati sotto porta. Al 12′ Friendrup strappa via la sfera a Guendouzie innesca un pericoloso 2 contro 1: serve Pinamonti che, solo davanti a Mandas, si fa ipnotizzare e spreca una clamorosa occasione per il vantaggio. Dopo qualche minuto di sospensione a causa dei fumogeni lanciati in campo dai tifosi del Grifone, il gioco può riprendere. La Lazio prova a graffiare al 20′ direttamente dal rinvio lungo di Mandas, Castellanos aggancia con classe, serve poi la corsa di Zaccagni, ma il numero 20 viene steso da Otoa, all’esordio in Serie A. L’arbitro non ha dubbi: fallo da ultimo uomo e rosso diretto per il giovane difensore genoano. Con l’uomo in meno il Genoa fatica a tenere botta alle incursioni dei biancocelesti, che alla mezz’ora trovano il vantaggio con il capolavoro al volo di Castellanos, che buca Leali dall’area piccola. Nonostante l’espulsione, Vieira non effettua cambi immediati, e la Lazio chiude il primo tempo in pieno controllo. La ripresa ricalca l’andamento della seconda parte del primo tempo. I biancocelesti sfiorano il raddoppio al 57’: Pellegrini sfonda sulla fascia e serve Rovella, che in allungo non riesce a spingere la palla in rete. Il raddoppio, però, è solo rimandato. Al 65’, Rovella taglia fuori difesa e centrocampo con un filtrante perfetto per Dia che incrocia col mancino spedendo la sfera sul secondo palo chiudendo i giochi. Con due reti di vantaggio la Lazio addormenta la gara approfittando di un genoa non pervenuto. Al 70′, Thorsby interviene in scivolata su Belahyane, strappandogli il pallone. Il centrocampista biancoceleste, però, lo calpesta in modo ritenuto pericoloso dall’arbitro, che dopo il controllo al VAR estrae il cartellino rosso, ristabilendo la parità numerica. Nel finale non si registrano particolari emozioni. La Lazio porta a casa tre punti preziosi nella corsa Champions, approfittando del passo falso della Juventus a Parma. Per il Genoa, una sconfitta indolore, i ragazzi di Vieira navigano già da tempo in acque tranquille e l’obiettivo ora è chiudere la stagione nella top 10.

Torino-Udinese (A cura di Simone Scafidi)

Adams e Dembelè fanno sorridere Vanoli, Udinese battuta

Torino e Udinese, ormai aritmeticamente salve e senza particolari ambizioni, scendono in campo all’Olimpico nel match di recupero della 33ª giornata di campionato. Il match comincia e prosegue a tinte granata sin dal decimo minuto, in cui su situazione di corner Okoye è costretto ad uscire e smanacciare il pallone per evitare ulteriori rischi. Tredici minuti dopo, sempre su situazione di corner, che in questo match l’Udinese sembra patire particolarmente, Maripàn svetta di testa indirizzando il pallone verso la porta, con Ehizibue che si immola e intercetta la sfera praticamente sulla linea. L’Udinese appare distratta e superficiale e al 38’, sfruttando un errore difensivo dei bianconeri, Ricci calcia dalla distanza, con Okoye che interviene anche su Linetty, per poi doversi arrendere al definitivo gol di Che Adams, lasciato totalmente libero di calciare a porta sguarnita. All’inizio del secondo tempo l’Udinese sfrutta un brutto passaggio verticale di Hermès per provare a dare una scossa alla sua partita, con l’azione che termina con il tiro di Atta respinto da Milinkovic-Savic, spettatore non pagante della prima metà di gara. Gli uomini di Runjaic continuano a spingere, dando vita ad un’occasione a dir poco limpida, con un cross di Payero sul quale Lovric non riesce ad arrivare, nonostante la porta davanti a lui fosse praticamente vuota, sprecando così la prima vera chance di pareggiare. Nel corso del secondo tempo, il Torino scompare praticamente dal campo, con l’Udinese che la fa da padrona sul piano del gioco ma che non riesce ad impensierire seriamente l’estremo difensore granata, autore di un paio di interventi molto semplici. Nonostante ciò, a sei minuti dal novantesimo il Toro riesce a mettere il definitivo lucchetto alla partita, con il primo gol in Serie A di Ali Dembelè, che buca un imperfetto Okoye sul primo palo e assicura i tre punti alla squadra di Vanoli. Al triplice fischio il Torino stacca di tre punti l’Udinese, rimanendo fisso al decimo posto.

Parma-Juventus (A cura di Dennis Rusignuolo)

Sprofondo Champions della Juve a Parma. Chivu guida l’impresa e inchioda un’altra big

La corsa Champions dei bianconeri pende dal match del Tardini, e Tudor cerca di mettere subito ulteriore pepe a una sfida dal peso enorme: fuori Yildiz e Koopmeiners (non convocato dopo i problemi accusati contro il Lecce), al suo posto Kolo Muani e Cambiaso. Esordio dal primo minuto per entrambi i giocatori, che nelle ultime gare avevano cominciato sempre dalla panchina. Dall’altra parte Chivu ormai sembra aver trovato il suo scacchiere modello: 3-5-2 con Bonny e Pellegrino in avanti. Dopo il pari di Firenze, e il pareggio in rimonta contro l’Inter (costruito proprio attorno al cambio modulo del tecnico romeno), i crociati cercano di fermare l’ennesima big. Meno di trenta secondi e Locatelli sfiora subito l’eurogol, il capitano bianconero calcia a giro da fuori area, ma il suo esterno destro termina di poco a lato. La gestione Tudor impone nei giocatori della Juve un maggiore agonismo e un pressing feroce a tutto campo, e il Parma cerca di farsi trovare subito pronto. Il ritmo non è particolarmente alto nei primi minuti, la Juve forza subito la giocata verso Vlahovic che inizialmente viene schermato bene dai centrali crociati, anche se il possesso palla nelle prime battute è in mano alla squadra di Chivu. Con Kolo Muani alla ricerca della posizione più ottimale nella parte sinistra, la Juve cerca verticalità nell’attacco alla parte destra del campo. La prima progressione di Nico Gonzalez regala un corner ai bianconeri, ma nella rincorsa il Parma perde Vogliacco per un problema di natura muscolare. Ha dell’incredibile quanto succede al Tardini, perché oltre a Vogliacco, anche Bernabè alza bandiera bianca: Chivu inserisce Estevez e Hainaut ma adesso il copione della gara è tutto da ricostruire. Sponda Juve, invece, le idee sembrano ben chiare, così come gli interpreti. Il jolly tattico di Tudor si conferma Pierre Kalulu, sempre utile con i suoi movimenti in avanti, preziosi per costruire l’offensiva bianconera e mandare fuori giri il pressing crociato. Al ventesimo Nico Gonzalez recupera palla a centrocampo, Kalulu segue l’azione sulla corsia di destra e l’argentino lo serve. Il difensore prosegue palla al piede e alla fine crossa verso il cuore dell’area gialloblù dove c’è Vlahovic che col destro (tentando un colpo di tacco che però non gli riesce) conclude sul primo palo, palla fuori di poco. Il Parma viene fuori grazie al pressing alto voluto da Chivu, e nella parte centrale i crociati hanno due occasioni tra i piedi, una per Bonny e una per il partner Pellegrino, entrambe però non vengono tramutate in rete per centimetri. Al tramonto del primo tempo la maledizione degli infortuni continua a imperversare sul Parma, perché anche Estevez non sembra in grado di proseguire la gara. Chivu sceglie di non sostituire l’argentino e arrivare fino all’intervallo per non sprecare lo slot, e con il Parma in “dieci uomini e mezzo” trova la giocata per stappare la partita: Valeri disegna uno dei suoi soliti cross, potenti e precisi verso il centro, Pellegrino sale in cielo e anticipa i difensori bianconeri, l’incornata dell’argentino è potentissima e Di Gregorio non può fare altro che osservare la palla entrare in rete. Due mosse all’intervallo, una per parte: oltre al cambio annunciato Estevez-Hernani, esce dal campo anche Dusan Vlahovic, rilevato da Conceição. Il primo responso sul cambio è una sostituzione legata ad un problema alla coscia, anche se nel corso della prima frazione il serbo è risultato praticamente assente, sempre ostacolato in maniera eccellente da Leoni. Al rientro dagli spogliatoi, la Juve attacca a testa bassa, approfittando di un blocco molto basso voluto da Chivu per non concedere troppo spazio in profondità a Kolo Muani e alla trequarti bianconera. Tudor non perde molto tempo e prima dell’ora di gioco spende il secondo cambio nella trequarti: fuori McKennie e dentro Yildiz, con solito scivolamento in fascia di Nico Gonzalez. La qualità del numero dieci turco è indispensabile per riaccendere una Juve che sembra peccare di inventiva e lucidità. Il Parma gestisce in maniera perfetta il risultato, e i concetti di Chivu ormai sembrano ben consolidati all’interno dello scacchiere dei crociati. La pressione e il fraseggio codificato mascherano completamente la posizione in classifica del Parma. A un quarto d’ora dal termine Chivu regala a Pellegrino la standing ovation del Tardini, sostituito da Man. La Juve cerca di provare a costruirsi qualcosa nel finale, ma la difesa del Parma non concede nemmeno un centimetro. Al minuto 85 entrambi gli allenatori chiudono i cambi: Tudor ne cambia tre (Douglas Luiz, Weah e Alberto Costa per Nico Gonzalez, Kelly e Locatelli), mentre Chivu sostituisce uno stremato Bonny con Almqvist. Nei minuti finali la Juve va all’assalto della porta di Suzuki, sempre prezioso con le sue uscite. Allo scoccare del novantesimo Conceição cerca il palo lontano con un mancino rasoterra e per poco non trova il jolly. La difesa arcigna del Parma resiste anche alle ultime offensive, poco concrete, della Juve fino al minuto 95, quando il fischio finale di Chiffi fa esplodere il Tardini. Un’impresa a tutto tondo quella compiuta dalla squadra di Chivu, adesso sempre più indirizzata verso la permanenza in Serie A. Dopo aver bloccato Inter e Fiorentina sul pari, il Parma fa la voce grossa contro la Juve con una prestazione praticamente perfetta sotto ogni punto di vista. Nonostante i tre infortuni nel primo tempo, l’organizzazione difensiva e le ripartenze sempre lucide e ragionate hanno messo in seria difficoltà la Juve. Prima sconfitta per Tudor sulla panchina bianconera, al termine di una prestazione insufficiente sotto ogni punto di vista. La mancanza di qualità e inventiva nel primo tempo hanno indirizzato la gara a favore del Parma, e nemmeno le sostituzioni hanno potuto evitare l’ennesima brutta sconfitta di questa stagione. Crociati che salgono a quota 31 punti in classifica, al quindicesimo posto; bianconeri che abbandonano il quarto posto in favore del Bologna, avanti di un punto grazie al successo sull’Inter. Il calendario della Juve si infittisce di scontri diretti con Bologna e Lazio, ma prima Tudor ha l’obbligo di riportare i tre punti contro l’ultimissimo Monza.

LA TOP11 DELLA 33ª GIORNATA

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Calcio

Europa e Conference, quarti di ritorno: cade anche la Lazio, Fiorentina in semifinale

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Europa e Conference League sono ormai arrivate ai quarti di finale, con le gare di ritorno che hanno chiuso questa fase delle competizioni. La serata dà spettacolo con partite veramente senza senso, come solo l’Europa sa regalare. Abbandona il sogno europeo anche la Lazio, mentre la Fiorentina ottiene la semifinale per il terzo anno consecutivo.

EUROPA LEAGUE

L’Italiana

L’Italia per il Bodo non è mai stata un territorio fortunato, zero vittorie in tutte le gare giocate sul suolo del tricolore e, soprattutto, mai una semifinale europea raggiunta. Prima della partita contro la Lazio all’Olimpico, tutti questi dati erano ancora concreti, ma con il match di ritorno, tutto è cambiato. La squadra di Baroni entra in campo con grinta e determinazione, minacciando la difesa norvegese con diverse occasioni pericolose, che passano dai piedi dell’asset iper-offensivo dei biancocelesti. AL 20′ la partita si sblocca con il gol del Taty Castellanos, che di tacco beffa Haikin ed accende l’Olimpico, speranzoso di un’attesa rimonta. Nel settore destro del campo, Isaksen sfugge ad ogni tipo di marcatura e risulta incontenibile e fonte principale delle più pericolose azioni della Lazio. Ci prova Castellanos, ci provano anche Lazzari e Zaccagni sbattendo sulla traversa, ma il pallone sembra non voler entrare, nella disperazione generale dell’organico biancoceleste. Nel secondo tempo, però, il Bodo smette di soffrire ed esce la testa dalla tana, impegnando Mandas in un paio di interventi decisivi, ed oltre ciò la poca freddezza del Taty rischia di costare caro alla Lazio, che riesce clamorosamente (e fortunatamente) a pareggiarla allo scadere, con Noslin che raggiunge un pallone vagante vicino alla linea di fondo e lo insacca alle spalle di Haikin, trascinando il match ai tempi supplementari. L’extra-time arride, almeno inizialmente, alla squadra di Baroni, che al 100′ trova addirittura il gol del vantaggio con Dia, che stacca di testa all’interno dell’area di rigore e sblocca, momentaneamente, il passaggio del turno. L’animo dei norvegesi non si affievolisce e nel secondo tempo supplementare la squadra di Knutsen reagisce trovando il gol del pareggio con Helmersen, che beffa un Mandas non perfetto per poi essere espulso al 120′. La lotteria dei rigori è un vero e proprio dramma psicologico per la Lazio: dagli undici metri sia Tchaouna, che Noslin, che Castellanos sbagliano, consegnando la qualificazione al Bodo, che raggiunge la prima semifinale europea nella storia del calcio norvegese. Con l’eliminazione della squadra di Baroni, l’Italia dà di diritto l’addio anche al quinto posto in Champions, oltre che all’ultima speranza di vincere l’Europa League.

foto: X ItalianFootballTV

Le altre sfide

Oltre la caduta della squadra di Baroni, l’Europa League, come ormai di consueto, è riuscita a portare in scena dei match veramente assurdi, destinati ad entrare negli annali di questa competizione. Primo su tutti non si piò non citare il match tra Manchester United ed Olympique Lyone: i tempo regolamentari si concludono con due gol per parte (4-4), dimostrando lo stesso equilibrio presente anche nella gara di andata, ma nei supplementari la partita assume un tono degno dei migliori film thriller. I francesi, rimasti in dieci per il doppio giallo a Tolisso, riescono a trovare due gol nel giro di cinque minuti grazie alle reti di Cherki e Lacazette, mettendo apparentemente il lucchetto alla partita; Old Trafford, il teatro dei sogni, sembra però non pensarla così e nel giro di sette minuti lo United, con i gol di Bruno Fernandes, Mainoo e Maguire ribalta le sorti della partita, strappando così il pass per la semifinale. In Spagna, l’Athletic Bilbao ritrova sè stesso ed ipoteca la qualificazione contro i Glasgow Rangers, con i gol Oihan Sancet e Nico Williams, missione che non gli era riuscita sette giorni fa in Scozia. A chiudere il quadro delle semifinali c’è il Tottenham, che, in Germania, vince di misura con il rigore di Solanke e supera l’Eintracht Francoforte. L’1 maggio, in occasione delle semifinali, gli Spurs affronteranno la sorpresa Bodo/Glimt, menter l’Athletic affronterà, in casa, uno United fomentato da una delle rimonte più belle di quest’anno.

foto: X Tottenham

 

Il protagonista

Una partita folle, 114′ minuti in ombra e 7 per ribaltare le sorti di una qualificazione che sembrava ormai clamorosamente sfumata: il Manchester United, grazie ai lampi di Bruno Fernandes, Mainoo e Maguire riesce ad uscire dall’inferno per tentare l’assalto finale e decisivo alla vittoria europea, che darebbe quantomeno una nota di merito alla peggiore stagione dei Red Devils in tempi recenti. Certo, non si può, giocando in casa, farsi sottomettere pesantemente da una squadra in dieci uomini, ma la squadra di Amorim trova il coraggio per rialzare la testa e, sotto gli occhi di un Old Trafford deluso, dare vita ad un finale di partita che può far ben sperare i supporters della squadra, in vista della semifinale contro l’Athletic Bilbao

foto: X Manchester United

La conferma

Non può che essere la conferma di queste semifinali Nico Williams. All’andata, nello 0-0 contro dei Rangers in dieci per ottanta minuti, non era riuscito ad incidere, ma quando vede San Mamés gli si illuminano gli occhi e comincia a disegnare calcio. Ancora un gol, ancora decisivo. Che possa essere il suo turno di vincere coppa ed MVP?

foto: X Athletic

La delusione

Segna il gol che riaccende le speranze biancocelesti, ma poi poco e nulla. Il Taty Castellanos si ritrova sui piedi il rigore decisivo che avrebbe mandato la lotteria ad oltranza, ma lo sbaglia clamorosamente. Sembra cattivo ed anche sbagliato dirlo, ma l’eliminazione della Lazio passa anche (e soprattutto) dai piedi del suo maggior trascinatore, beffato dalla pressione del momento.

foto: X Gournach

 

CONFERENCE LEAGUE

L’Italiana

Dopo il filo da torcere dato alla Fiorentina durante la gara d’andata, lo Celje arriva a Firenze come una squadra quantomeno rivalutata, da cui la squadra di Palladino si sarebbe dovuta guardare attentamente per evitare indesiderati imprevisti. La Viola parte con più sicurezza degli sloveni, con Kean e Fagioli che svariano in mezzo al campo ed alzano il baricentro, mettendo in diffcoltà gli sloveni. A centro area, su situazione di corner, Ranieri impegna Ricardo Silva, quando manca un quarto d’ora al termine della prima frazione. Cinque minuti più tardi il gol del vantaggio arriva e porta la firma del migliore in campo, Rolando Mandragora, che raccoglie l’imbucata di Pongracic e con il piede debole insacca la sfera alle spalle dell’estermo difensore avversario, impotente sulla traiettoria a incrociare del centrocampista italiano. Nel secondo tempo sono invece gli sloveni a scendere in campo con maggiore garra e riescono a trovare il gol del pareggio prima con Matko e, appena due minuti dopo, quello del vantaggio con Nemanic, che svetta di testa e incorna il cross di Seslar, portando il risultato totale sul 3-3. Un minuto dopo il gol degli sloveni la Fiorentina reagisce prontamente, e ancora grazie ad un precisissimo lancio di Mandragora che trova Kean, ritrova il vantaggio con il gol dell’attaccante italiano, che piazza il pallone sul secondo palo e archivia definitivamente la qualificazione. Da qui in poi la Fiorentina si sveglia definitivamente e riesce a difendere il vantaggio, sfiorando addirittura il gol del 3-2 con Ranieri che insacca la sfera ma che si vede annullata la gioia del gol per posizione di offside, così come Kean a due minuti dalla fine. Dopo sei minuti di recupero il triplice fischio sancisce la terza semifinale consecutiva della Fiorentina, che andrà a giocarsi l’accesso alla finale con il Real Betis, sperando che questo sia, finalmente, l’anno in cui alzare la Coppa.

foto: X ACF Fiorentina

 

Le altre sfide

Vediamo adesso chi accompagnerà, in semifinale, la Fiorentina, per chiudere il quadro europeo di questa settimana e vedere le ultime tre squadre rimaste in corsa per un trofeo internazionale. A Londra il Chelsea appare molto opaco e destabilizzato dall’ottima prestazione del Legia Varsavia, che dà non poco filo da torcere ai Blues, sconfitti per 2-1 ma favoriti dal punteggio dell’andata, che li vede passare il turno con il totale di 4-2. Passa con realtiva serenità anche il Real Betis, che in Polonia non va oltre l’1-1 con lo Jagiellonia ma che si fa forte del 2-0 dell’andata e riesce a buttare fuori la sorpresa di questa competizione. Ultima, ma non per importanza, la partita forse più interesssante di questi quarti di ritorno di Conference League, che vede il Djurgarden, partito con il risultato a sfavore di 1-0, battere in trasferta il Rapid Vienna ai supplementari e strappare un definitivo pass per le semifinali, candidandosi seriamente al ruolo di nuova sorpresa di quest’anno. Alle semifinali, previste per l’1 maggio, il Djurgarden affronterà il Chelsea, cercando di sfruttare l’ambiente casalingo per mettere in difficoltà la favorita della competizione, mentre la Fiorentina volerà in Spagna per un’ardua sfida con il Betis, squadra molto in forma che sembra non volersi fermare

foto: X Chelsea

Il protagonista

Si può, da sfavoriti, dominare il Rapid Vienna in trasferta ed eliminarlo passando il turno? Il Djurgarden ci è riuscito, con una prestazione che quasi nessuno, alla vigilia del match, si sarebbe aspettato. D’altronde, avevano perso la gara d’andata, e ribaltare una gara di ritorno, soprattutto fuori casa e da sfavoriti, non è mai semplice. La squadra di Honkavaara però riesce nell’impresa, con il Rapid Vienna che cade sotto i colpi di Danielsson e Kosugi nei tempi regolamentari, per poi subire il colpo di grazia con la doppietta di Gulliksen nei supplementari.

foto: X Djurgarden

La conferma

Rolando Mandragora si prende la Fiorentina. Il suo gol e il suo assist ipotecano la qualificazione in semifinale e costringono un coraggioso Celje ad un’amara eliminazione. Il numero otto viola ormai a centrocampo ha trovato la sua casa da cui sforna sempre più prelibatezze che addolciscono pomeriggi e serate di tifosi e compagni. Il suo estro e la sua interpretazione del gioco di Palladino potrebbero rivelarsi la chiave di volta per raggiungere la terza finale consecutiva, ma prima bisogna superare uno scoglio non da poco: il Betis.

foto: X ACF Fiorentina

La delusione

Una faccia della medaglia, quella del Djurgarden, brilla di luce propria e luccica splendidamente così che si possa vedere da lunga distanza, mentre l’altra, quella del Rapid Vienna, adesso è totalmente rovinata ed inizia a sgretolarsi. Gli austriaci arrivavano al match di giovedì con l’unico compito di difendere il risultato, e non solo non ci sono riusciti, ma hanno concesso troppo spazio agli avversari arrivando a subire addirittura quattro gol senza neanche provare a ribaltare il proprio destino.

foto: X Rapid Vienna

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